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Gender Pay Gap: un confronto Nord-Sud

Si parla spesso di un’Italia divisa a metà, da una parte il ricco e sviluppato Nord, dall’altra il povero e arretrato Sud. Sappiamo che per quanto riguarda il tasso di scolarizzazione, tra Nord e Sud esiste un divario non indifferente e questa distanza si riscontra analizzando anche altri indicatori, come, il tasso sugli investimenti, il PIL e il tasso di disoccupazione. Ma questa divisione riguarda ogni aspetto economico? Esiste anche per il tristemente famoso gender pay gap? Con cui si intende il differenziale salariale tra uomo e donna, cioè la divergenza nelle retribuzioni dato il sesso del lavoratore.

L’osservazione dei tassi di occupazione della popolazione nel 2016 mostra un’evidente differenza tra Nord e Sud; infatti al Nord risulta che la quasi totalità della forza lavoro sia occupata, mentre guardando al Sud,si rileva che meno della metà della forza lavoro ha un’occupazione.

Occupati in Italia: divisione tra Nord, Centro e Sud. Dati ISTAT 2016.

Se vengono invece analizzate le regioni separatamente, si può vedere  ancora più immediatamente, come esistano differenze all’interno della penisola. Si nota infatti che le Province Autonome di Trento e Bolzano e la regione dell’Emilia Romagna, per esempio, hanno picchi di occupazione: tutte e tre hanno valori che si aggirano intorno al 93%. Se invece si analizza la situazione nel Sud, si nota come in Campania, Calabria e Sicilia sia presente il minor numero di occupati dell’intero paese, infatti il valore medio, registrato in questa macroarea, è circa del  79%

Proseguendo da Nord verso Sud nell’analisi dei dati, si nota come i valori riguardanti l’occupazione diminuiscono, fatta accezione per la Basilicata, il cui livello di occupazione è paragonabile a una regione del centro Italia, dato il suo 86%.

Popolazione per condizione professionale con divisione regionale. Dati ISTAT 2016.

Se invece di analizzare la totalità della popolazione, come fatto fin’ora,  si procede  con un’analisi differenziata per genere si può notare come le donne, in qualsiasi macro area presa in considerazione, rappresentino una minoranza se si fa riferimento alla forza lavoro.

Anche in questo caso i valori sono più alti al Nord e più bassi al Sud;  le donne che compongono la forza lavoro al Nord sono 5.8 milioni, mentre al Sud sono 2.4 milioni, questa diminuzione però si riscontra anche dal lato della  forza lavoro maschile nell’area settentrionale, composta da 7.4 milioni uomini, in rapporto alla meridionale che ne conta invece 6.8 milioni. Quindi,nonostante le donne rappresentino ovunque in Italia una parte più piccola della totalità della forza lavoro, resta il fatto che al Nord la differenza tra uomini e donne che compongono la forza lavoro è di 1.5 milioni mentre al Sud questa differenza sale fino a 4.3 milioni.

Si può quindi affermare, che almeno per quanto riguarda la forza lavoro, l’Italia settentrionale riduce, rispetto al meridione, la discriminazione femminile in ambito lavorativo e occupazionale, in quanto è presente una maggiore inclusione.

Le donne però, oltre a rappresentare una minoranza, in quanto meno presenti nel mercato del lavoro rispetto agli uomini, sono anche discriminate e svantaggiate dal punto di vista della retribuzione. Infattianalizzando i dati, si può affermare che la distinzione consuetudinaria tra Nord e Sud Italia si riscontra anche nell’ambito dei salari; infatti, nonostante in tutta Italia sia presente il gender pay gap, al Sud le donne ricevono salari ancora inferiori rispetto a quelle che lavorano al Nord.

Se si osserva il grafico si vede come nelle regioni di Veneto, Emilia Romagna e nelle province autonome di Bolzano e Trento i salari orari femminili sono i più alti d’Italia, ma questo non deve far pensare che non esista una differenzatra uomo e donna, perché c’è eccome.

In queste regioni,infatti, nonostante le donne siano ben retribuite,esiste una differenza con i salari maschili di circa il 3,5%.  Questo per quanto riguarda il Nord, perché se analizziamo il Sud la situazione cambia ulteriormente,in quanto , nelle regioni di Molise, Campania e Calabria si trovano i salari orari femminili e maschili più bassi d’Italia.

In queste ultime tre regioni, le donne sono sottopagate rispetto agli uomini,ma anche quest’ultimi hanno salari molto inferiori rispetto a quelli che sono stati analizzati precedentemente nel Nord Italia.

Se infatti a Bolzano la retribuzione media oraria maschile è 9,34€, in Campania è 7,25€ e questo valore è destinato a decrescere quando si prende in considerazione la retribuzione femminile del Meridione. Qui il differenziale tra uomo e donna è circa del 4,6%.

Quindi analizzando questi risultati, si può affermare che, anche per quanto riguarda questo indice, il Sud Italia ha livelli più scoraggianti rispetto al Nord, nonostante anche il dato rilevato in quest’ultimo non sia confortante.

Retribuzione settore privato per provincia. Dati ISTAT, 2016.

Questa analisi si prefiggeva di indagare se le due “Italie” esistono anche in proposito della differenza salariale di genere.

Quindi in conclusione, analizzando i dati, si può affermare che le regioni dell’Italia settentrionale mostrano una maggiore inclusione e partecipazione delle donne nel mercato del lavoro e anche una maggiore retribuzione, con un divario salariale tra uomo e donna inferiore rispetto a quello riscontrato nel Meridione

Si apre quindi un’altra sfida per il Sud Italia, quello di raggiungere anche in questo campo gli standard generali della penisola, per continuare lo sviluppo e la crescita economica.

Questo vale però anche per il Nord in quanto, dato il suo avanzamento in materia, non deve rimanere fermo ma anzi continuare l’inserimento delle donne nel mercato del lavoro e frenarne la discriminazione.

Alessandra Tretto per BusinessCycle.info

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