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Immigrazione, diversità etnica e voto: il ruolo del reddito individuale

Come conseguenza dell’impennata dei flussi di immigrazione, i paesi occidentali stanno diventando etnicamente più diversificati. Ciò solleva preoccupazioni per le possibili implicazioni in termini di riduzione della coesione sociale, che il più delle volte si traduce in una minore partecipazione politica e una ridotta propensione al voto.

In questo articolo si considererà l’impatto della diversità etnica sulla propensione al voto, secondo quelle che sono le risorse individuali. In effetti, è abbastanza ragionevole aspettarsi che il contatto con un gruppo etnico avente il maggior numero di persone su un dato territorio tenderà ad avere un impatto maggiore sui meno abbienti. Al fine di comprendere tale meccanismo, è importante misurare le variabili contestuali a livello micro, cioè nel quartiere di residenza degli individui, poiché la misurazione a livello macro potrebbe catturare altri effetti che potrebbero confondere.

In Italia, è stato condotto, a Bologna, uno studio sulla relazione tra eterogeneità etnica (e razziale) e affluenza individuale, su come l’affluenza elettorale di individui che appartengono a un determinato gruppo etnico o razziale sia influenzata dalla percentuale di individui appartenenti ad altri gruppi che vivono nello stesso quartiere. Lo studio unisce le informazioni sulle caratteristiche socio-economiche di circa 370.000 residenti alla partecipazione elettorale individuale in due elezioni amministrative consecutive nel 2004 e nel 2009 [1], anni in cui la percentuale di residenti stranieri è aumentata dal 6,8% all’11,6%, in linea con le tendenze nazionali e di altri paesi europei. 

  • Il Quadro istituzionale

L’immigrazione diventa un fenomeno rilevante per la demografia italiana dalla metà degli anni ’90. Secondo la legge 40/1998, il numero di immigrati autorizzati a entrare regolarmente in Italia è regolato annualmente a livello nazionale. La legge garantisce diversi diritti fondamentali agli immigrati (compresi quelli irregolari, in alcuni casi), come il diritto all’istruzione, all’assistenza sanitaria, alla difesa in tribunale, al ricongiungimento familiare, nonché i diritti politici e sociali. L’ammissibilità al voto (attiva e passiva), tuttavia, è limitata ai cittadini italiani alle elezioni nazionali e ai cittadini dell’UE alle elezioni comunali. Gli immigrati possono acquisire il diritto di voto attraverso la naturalizzazione. Tuttavia, il numero di immigrati naturalizzati, sebbene in aumento, è ancora molto piccolo, poiché l’immigrazione è un fenomeno relativamente recente e le regole per l’acquisizione della cittadinanza sono piuttosto restrittive. 

Lo Stato e le istituzioni locali sono congiuntamente responsabili delle politiche di integrazione degli immigrati. Le regioni svolgono un ruolo importante negli interventi direttivi attuati a livello locale. L’Emilia-Romagna è stata la prima regione ad adottare una legge regionale che stabilisce le regole per l’integrazione sociale degli immigrati, che è stata approvata nel 2004 (Legge Regionale 5/2004). Secondo il rapporto regionale 2009 sull’immigrazione in seguito all’approvazione della legge regionale, l’Emilia-Romagna ha definito numerosi interventi volti a garantire pari opportunità agli immigrati nell’accesso all’istruzione, alla sanità, all’alloggio e al lavoro e a favorire l’integrazione sociale e la partecipazione politica degli immigrati, in coordinamento con i comuni e le altre istituzioni locali. 

Secondo gli ultimi dati del censimento, nel tempo considerato nel nostro studio, la percentuale di residenti stranieri è raddoppiata, dal 6,8% all’11,6%. I cittadini dei paesi asiatici e africani, che rappresentano la maggioranza (rispettivamente il 60% e il 52% dei residenti stranieri nel 2004 e nel 2009), sono cresciuti di un fattore dell’1,5, fino al 6,1% della popolazione. 

Questi rapidi cambiamenti hanno avuto luogo in un contesto socialmente inclusivo, caratterizzato da servizi pubblici di alta qualità e che è rinomato per il suo alto livello di capitale sociale e per avere una lunga tradizione di fiducia, solidarietà, tolleranza e impegno civico, rendendo Bologna un caso particolarmente interessante da studiare al fine di indagare l’impatto dell’immigrazione sugli atteggiamenti e sul comportamento pro-sociale degli elettori (italiani), compresa la probabilità di votare.

Il seguente articolo pende in considerazione due elezioni amministrative comunali, tenutesi nel giugno 2004 e nel 2009, per la nomina del sindaco e del consiglio comunale. Tradizionalmente, Bologna ha alti tassi di affluenza a tutti i tipi di elezioni, comprese quelle per la nomina delle istituzioni locali. Tuttavia, l’affluenza alle urne è diminuita negli anni 2000: nelle elezioni comunali è scesa dall’87% nel 1995 al 59,7% nel 2016 (le ultime elezioni comunali). Nel periodo in esame, è sceso di 5,4 punti percentuali dall’81,8% nel 2004 al 76,4% nel 2009. 

Secondo la legge italiana, il sindaco e il consiglio comunale sono nominati attraverso elezioni locali che si svolgono ogni cinque anni. Il sindaco viene eletto direttamente e deve affrontare un limite di due termini. Ogni candidato deve essere supportato da un elenco o una coalizione di elenchi di residenti nel comune, cittadini italiani o dell’UE, che si candidano per un seggio nel consiglio. Nei comuni con più di 15.000 abitanti, come Bologna, il sindaco viene eletto attraverso un sistema a maggioranza di due round: se nessuno dei candidati raggiunge la maggioranza assoluta dei voti validi al primo turno, si andrà al ballottaggio è verrà eletto colui che ottiene la maggioranza relativa. Sergio Cofferati, ex leader sindacale, è stato nominato dopo il primo turno delle elezioni del 2004. Nel 2009, Cofferati ha scelto di non candidarsi per la rielezione. Sarà eletto sindaco Flavio Delbono, ex professore di economia all’Università di Bologna, che ha vinto le elezioni al secondo turno. 

Il registro elettorale comunale di Bologna comporta 436 recinti che includono aree geograficamente vicine. Gli elettori ammissibili (cittadini italiani e dell’UE di età superiore ai 18 anni residenti nel comune) sono registrati in un determinato distretto a seconda del loro indirizzo di residenza. La registrazione è automatica per i cittadini italiani. Invece, i residenti stranieri ammissibili devono presentare domanda di iscrizione nelle liste elettorali per poter votare.

Considerando il numero di immigrati naturalizzati in Italia e la percentuale di residenti stranieri a Bologna rispetto al totale nazionale (1% nel 2008), il numero stimato di immigrati naturalizzati a Bologna a partire dal 2008 è di 400, che è trascurabile rispetto alla dimensione di l’elettorato nei due anni elettorali considerati (gli elettori ammissibili sono stati 319.529 e 305.086 nel 2004 e nel 2009, rispettivamente). Poiché la percentuale di elettori stranieri (cittadini dell’UE registrati nelle liste elettorali) è anche prossima allo zero nel nostro campione (0,1% e 0,3% rispettivamente nel 2004 e nel 2009), possiamo affermare che gli elettori ammissibili sono etnicamente omogenei nel nostro campione, vale a dire Italiani con genitori italiani. 

  • Descrizione dei dati

Il set di dati utilizzato è stato ottenuto unendo diversi registri ufficiali, al fine di ottenere informazioni anche di reddito. I dati sull’affluenza a livello elettorale coprono l’intera popolazione eleggibile al voto della città di Bologna nelle elezioni comunali del 2004 e del 2009 e sono integrati da informazioni sociodemografiche amministrative dettagliate che coprono ogni residente a Bologna (vale a dire, compresi i residenti senza diritto di voto) aggiornato a partire dai due giorni elettorali nel campione. Inoltre, questi dati contengono: cittadinanza, età in anni, genere, stato civile, distretto (residenza) di residenza, anni di residenza nel comune, nonché imposte sul reddito e sul reddito pagate nell’anno delle elezioni.  Facendo riferimento a dati ufficiali, saranno evitati i problemi legati alla sottorappresentanza dei cittadini con una bassa propensione al voto, che affliggono la maggior parte delle analisi di affluenza, che si basano in genere sui dati dell’indagine. Inoltre, la disponibilità di informazioni sul reddito individuale è davvero unica negli studi sull’affluenza alle urne. 

Nel dettaglio, lo studio focalizza l’attenzione sulla percentuale di asiatici e africani residenti a Bologna rispetto alle atre etnie del territorio. L’idea alla base è semplicemente che l’esposizione ad altri nuclei etnici è più forte nei contesti locali con una maggiore concentrazione di immigrati che sono probabilmente percepiti come etnicamente diversi a causa di tratti somatici e culturali. Come accennato in precedenza, dal momento che gli immigrati extracomunitari non hanno diritto di voto, le misure di diversità etnica dovrebbero acquisire un effetto puramente contestuale sull’affluenza delle elezioni negli anni 2004 e 2009.

Tabella A1

La Tabella A1 descrive le variabili su cui è basata l’analisi econometrica. Il set di dati iniziale comprende tutti gli individui (sia elettori che residenti idonei senza diritto di voto) residenti nel comune di Bologna nel 2004 e nel 2009, vale a dire circa 378.000 osservazioni all’anno. Per selezionare il campione di stima, si è proceduto in tre fasi. Innanzitutto, sono stati estromessi tutti i casi con informazioni mancanti o anomalie sulle variabili pertinenti, nonché tutti i casi che mostravano discrepanze emerse da una serie di controlli incrociati. Inoltre, non sono state considerate le informazioni degli individui residenti in comunità per motivi educativi, religiosi, terapeutici e militari.  Il set di dati risultante contiene 364.187 osservazioni nel 2004 e 364.110 nel 2009. 

Tabella A2

Nella Tabella A2 sono riportate le principali caratteristiche analizzate dei soli elettori ammissibili allo studio nei due anni 2004 e 2009, dati su cui si basa la stima dell’incidenza delle etnie sul voto. 

Tabella A3

La tabella A3 presenta la distribuzione delle classi di reddito e altre variabili economiche sul campione aggregato di elettori 2004-2009.

Il reddito risulta essere un elemento essenziale poiché la probabilità di affluenza alle urne di individui a basso reddito diminuisce in presenza di una maggiore concentrazione di etnie altrui. Però, questo effetto negativo diventa più debole all’aumentare del reddito, diventando nullo nella parte centrale della distribuzione e positivo nella parte superiore. In altre parole, la diversità sembra avere un effetto di emarginazione sui meno abbienti (cioè le persone il cui reddito equivalente è nelle tre classi inferiori, che è inferiore a 13.380 euro all’anno) e un effetto di mobilitazione sui più ricchi (vale a dire persone il cui reddito equivalente rientra nelle quattro classi superiori, cioè superiore a 20.820 euro all’anno).  Secondo i risultati dell’indagine, la diversità etnica tende a sopprimere l’affluenza di elettori a basso reddito e ad aumentare la partecipazione di coloro che hanno un reddito elevato. Perché ciò accade? E perché i poveri, che dovrebbero essere più preoccupati delle conseguenze di una buona politica dell’immigrazione, non sono in numero superiore ai ricchi alle urne? Una possibile interpretazione è che questi elettori affrontano un dilemma. Da un lato, vorrebbero sostenere la coalizione di sinistra che governa il comune e le sue politiche inclusive, di cui beneficiano; d’altra parte, possono pensare che gli immigrati debbano sostenere più dei costi di integrazione, il che li rende più allineati con le piattaforme politiche dei partiti di destra. Questa ambivalenza, insieme al senso di alienazione sociale dovuto all’esposizione ad altre etnie, che è più difficile da evitare per gli elettori a basso reddito, aiuta a spiegare perché la maggior parte degli immigrati non partecipa alla competizione elettorale. Per gli individui ad alto reddito è più facile evitare contatti indesiderati con altre etnie; inoltre, hanno meno da perdere poiché non si sentono chiamati in causa in prima persona. Pertanto, si sentiranno meno costretti a esprimere le loro opinioni politiche sull’immigrazione, sia contro che pro, e avranno maggiori probabilità di partecipare alle urne per farlo, affrontando una crescente diversità etnica.

  • Osservazioni conclusive

In presenza di massicci flussi di migranti e rifugiati, diventa particolarmente importante comprendere le implicazioni dell’aumento dell’esposizione ad altre etnie per il comportamento civile e pro-sociale nei paesi di accoglienza.

Il presente documento affronta questi problemi concentrandosi sugli effetti della diversità etnica del vicinato rispetto all’affluenza elettorale nella comunità di accoglienza, cioè Bologna. Nel complesso, i risultati suggeriscono che le caratteristiche socio-economiche sia individuali che contestuali sono importanti determinanti della partecipazione elettorale e che la crescente diversità etnica dei quartieri residenziali può essere un fattore di disaffezione alla politica tra i meno abbienti, aumentando al contempo la partecipazione tra i ricchi. Nella misura in cui una partecipazione politica ridotta e diseguale si traduce in una rappresentanza politica disomogenea degli interessi dei diversi gruppi, questi risultati indicano un potenziale deficit democratico in comunità sempre più diverse.


[1] G. Bellettini, C. Berti Ceroni, C. Monfardini in Neighborhood heterogeneity and electoral turnout. Elect. Stud. 43 (2006), pp.146-156

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