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Opinioni

Il Costo di un Tweet

La Federal Reserve, rappresentata da Jerome Powell, è la Banca Centrale degli Stati Uniti e come tale, dovrebbe essere un organo almeno in parte indipendente dal governo. Tuttavia, quando il 23 agosto 2019 il Presidente Trump ha scritto sei tweet in merito al discorso del presidente della FED al simposio annuale di politica economica della Banca Centrale e sull’annuncio della Cina di imporre dazi dal 5% al 10% su 75 miliardi di dollari di esportazioni statunitensi, il mercato azionario ha avuto una reazione negativa determinando il crollo del Dow Jones (DJIA) di circa 400 punti in 15 minuti e 500 punti in un’ora.

Trad. «Come al solito, la Fed non ha fatto NIENTE! È incredibile che possano ′′parlare′′ senza sapere o chiedere cosa sto facendo, che sarà annunciato a breve. Abbiamo un dollaro molto forte e un Fed molto debole. Lavorerò ′′brillantemente′′ con entrambi, e gli Stati Uniti andranno alla grande.»

Trad. «….La mia unica domanda è: chi è il nostro nemico più grande, Jay Powel o il presidente Xi?»

L’impatto risulta essere significativo in quanto, mentre durante e dopo il discorso del Presidente della FED il DJIA e gli altri indici principali sono stati sostanzialmente piatti o crescenti, i tweet di Trump, in pochi minuti, hanno cancellato oltre 300 miliardi di valore e i prezzi dei mercati sono diminuiti ulteriormente durante il giorno.

Dall’account Twitter di Trump sono stati pubblicati altri quattro tweet nel corso della giornata, uno dei quali scherzava sul fatto che il DJIA avesse perso 573 punti e sulla consequenziale perdita degli investitori di quasi mezzo trilione di dollari. Al termine della giornata sono stati cancellati oltre 500 miliardi di dollari di capitale proprio.

La comunicazione politica di Trump, in materia economica e non, fin dalla sua candidatura alla presidenza è caratterizzata dalla proposta delle idee in modo semplice, dal generare curiosità, dall’attuare un processo di identificazione ma soprattutto dal dominare i media. La possiamo riassumere con le seguenti caratteristiche: sincerità (dice quello che pensa), semplicità (idee semplici), uomo bianco simbolo americano (W.A.S.P. e self-made man) e social (comunica di continuo con i suoi cittadini sembrando sempre loro vicino).

I social network sono diventati e continueranno ad essere sempre più importanti nella politica e nell’economia mondiali e Donald Trump durante gli anni del suo mandato presidenziale ne è stato un esempio chiaro. Che un tweet del Presidente USA sia in grado di influire sull’andamento dei mercati è un dato di fatto, tanto che il colosso della finanza JP Morgan ha deciso di analizzare la relazione che sussiste tra tali tweet e la volatilità dei tassi di interesse, creando un indice specifico per tracciarne l’impatto, il “Volfefe Index”[1].

Gli analisti di JP Morgan hanno evidenziato che dal suo insediamento, l’ex Presidente americano ha scritto un ragguardevole numero di tweet riguardo la politica monetaria e argomenti in grado di impattare direttamente sui movimenti di mercato, producendo immediate reazioni borsistiche ma soprattutto sull’andamento dei buoni del tesoro. L’indice in particolare fa riferimento alle oscillazioni misurabili del tasso di volatilità implicita dei “Treasuries” a due e cinque anni (breve periodo). Alla base dell’idea, c’è il fatto che “i tweet del Presidente Trump sono sempre più diretti alla Federal Reserve e alle tensioni commerciali con la Cina”, temi che si ripercuotono “sempre di più sulla politica monetaria americana”.

Durante il suo mandato, Trump ha caratterizzato la sua azione politica con tagli alle tasse, protezionismo, restrizione dell’immigrazione, deregolamentazione incentrata sui settori energetico e finanziario, per “rendere l’America di nuovo grande” e avere un riscontro positivo nella popolazione. Inoltre ha ridotto le tasse e aumentato la spesa federale. Entrambi hanno tuttavia aumentato significativamente il deficit del bilancio federale[2].

Trump ha infatti l’idea che sia possibile accelerare l’economia, che non esistano limiti di velocità, come al contrario suggeriva la Curva di Phillips (dove a un aumento della disoccupazione corrisponde una frenata dell’inflazione [3]) e che si possa pertanto agire in modo totalmente indipendente, come nella relazione commerciale con la Cina.

I dazi hanno inizialmente colpito alluminio e acciaio importato, rispettivamente con una tassazione al 10 e al 25%. Si sono poi evoluti colpendo la Cina in particolare, con varie tassazioni su smartphone, laptop, semiconduttori e motociclette, settori in cui il Paese orientale ha un forte vantaggio comparato.

Il pretesto ufficiale per giustificare queste misure è duplice. Da un lato, Trump lamenta l’eccessivo deficit commerciale e sostiene che le tariffe servano a stabilizzare la bilancia dei pagamenti. Dall’altro, a seguito di alcune investigazioni, è emerso che le imprese cinesi abbiano spesso violato i termini della proprietà intellettuale di imprese statunitensi[4].

I rapporti tra Cina e Stati Uniti sono stati pertanto uno dei temi principali della campagna elettorale del futuro Presidente americano Donald Trump e il riequilibrio delle relazioni commerciali uno degli assi principali della narrativa del “making America great again”.

Un altro degli obiettivi è stato quello di indebolire il dollaro per rendere più competitive le merci Usa e meno pesante il passivo della bilancia commerciale del Paese, utilizzando l’inflazione come arma nella guerra commerciale con la Cina. Tramite più di 100 tweet diretti alla Federal Reserve, Trump ha incitato l’istituzione ed il suo rappresentante a portare i tassi di interesse a “zero”, se non in territorio negativo[5].

Un 30% di questi tweet, inoltre, sono stati pubblicati durante il “Fed blackout”, ovvero il periodo riflessivo di 11 giorni antecedente ad una presa di decisione politica, durante il quale ai rappresentati politici non è permesso rilasciare dichiarazioni pubbliche. Viene quindi da domandarsi se questo uso di comunicazione social proveniente da canali personali, sia o meno da annoverarsi tra le dichiarazioni pubbliche.

Nonostante i tweet dell’ormai ex Presidente, la Cina è sempre stato un importante partner economico per gli Stati Uniti. La Repubblica Popolare infatti rifornisce ogni anno gli USA di miliardi di dollari di beni finali ma anche di elementi essenziali nel comparto “business-to-business”(B2B). Questo è avvenuto anche e soprattutto in risposta alla domanda statunitense ed alle preferenze dei consumatori nell’acquisto di prodotti più a buon mercato.

Lo spostamento della produzione di molti materiali utilizzati ad esempio nel campo della tecnologia rende i prodotti finali proibitivi per una gran parte della popolazione americana. Bisogna tenere conto, infatti che, nonostante gli Stati Uniti siano una delle più grandi potenze a livello mondiale, con un coefficiente di Gini dello 0,434, sono al primo posto tra i Paesi del G7 per quanto riguarda la disparità economica (Fonte OECD [6]).

Seguendo questo filo è facile giungere alla conclusione che, la guerra tra USA e Cina e un potenziale rientro di aziende americane delocalizzate sarebbe, non solo dannoso per le aziende stesse, che avrebbero dei costi di produzione più alti e di conseguenza dei margini di guadagno minori ma impatterebbe in maniera evidente sulla possibilità di acquisto di tali beni per grande parte della popolazione. Non vi è dunque da stupirsi su come un semplice tweet del Presidente su un argomento così delicato possa avere effetti immediati e devastanti sulla Borsa, né su come questa volatilità possano creare incertezza negli investitori a livello mondiale.

Trad. «…un rapporto commerciale ingiusto. La Cina non avrebbe dovuto applicare tariffe su 75 MILIARDI DI DOLLARI di prodotti statunitensi (per motivazioni politiche!). A partire dal 1 di Ottobre i 250 MILIARDI DI DOLLARI di beni e prodotti provenienti dalla Cina, ad oggi tassati al 25%, verranno tassati al 30%…»

Trad. «… Inoltre, i restanti 300 MILIARDI DI DOLLARI di beni e prodotti provenienti dalla Cina, tassati al 10% dal 1° settembre, verranno tassati al 15%. Grazie per la vostra attenzione!»

Nel 2018 gli Stati Uniti hanno importato $540 miliardi di beni dalla Cina, $475 nel 2019. Lintroduzione dei dazi ha portato ad una diminuzione del 20% delle esportazioni Cina-USA. Con conseguente riduzione dei posti di lavoro statunitensi.

Osservando ciò che è accaduto nei mesi seguenti, gli effetti della “guerra commerciale” sino-americana hanno avuto principalmente impatti negativi sulle aziende americane che hanno perso $1.7 trilioni in valore di mercato durante i due anni di offensive protezionistiche. Questi effetti si protrarranno, avendo indebolito il tasso di crescita annuo delle aziende americane attorno al 2%. La guerra ha causato perdite finanziarie in ogni ambito dell’economia americana. A causa di distorsione sui prezzi dei prodotti, interruzioni nell’offerta, perdita di posti di lavoro con conseguente diminuzione della domanda, costi di adattamento per le aziende ed il conseguente declino della borsa, dei ritorni sul capitale e dei tassi di investimento.[7]

Nel novembre 2020, poco prima di lasciare definitivamente la presidenza, Donald Trump ha deciso di sferrare un ultimo attacco all’economia cinese, creando una black-list di 30 aziende cinesi che riteneva avessero rapporti con le forze armate di Pechino e che avessero intenzione di violare la sicurezza nazionale statunitense. Tra esse possiamo trovare Huawei, China Telecom, China Mobile, Alibaba, CNOOC (azienda petrolifera) e molte altre. Il Presidente in carica ha firmato così un ordine esecutivo che avrebbe eliminato queste aziende dal NYSE, la borsa più utilizzata a livello mondiale. Nei mesi successivi questo ordine è stato ritirato e poi nuovamente riproposto più volte, creando più instabilità nei mercati di tutto il mondo e generando una mancanza di fiducia nelle aziende cinesi da parte degli investitori.

In conclusione, possiamo rilevare come l’esplosione della società digitale e il profondo mutamento che i social network hanno impresso nelle modalità di accesso all’informazione, non hanno leso la capacità delle posizioni politiche di influenzare l’andamento dei mercati. Appare evidente come la comunicazione social, in particolare in politica ed economia internazionale, abbia cambiato le dinamiche e i rapporti transfrontalieri. Le peculiarità di questi nuovi mezzi di comunicazione sono la straordinaria brevità dei tweet o la capacità di passare informazioni direttamente dalla fonte a decine di milioni di persone in maniera pressoché istantanea dimostrando che la nuova forma di comunicazione è diretta e liberamente accessibile al pubblico. Se da un lato offre una trasparenza e un’opportunità di conoscenza trasversale, dall’altro appare certamente controversa e potenzialmente rischiosa per la stabilità economica, creando i presupposti per un’influenza peggiorativa su situazioni già di per sé difficili da governare.

Elisa Galli per BCy

Note

[1] L’ indice Volfefe è un indice del mercato azionario di volatilità nel “market sentiment” per i buoni del tesoro statunitensi causato dai tweet del presidente Donald Trump. Il nome “Volfefe” fa riferimento al tweet ” covfefe ” di Trump. Vol sta per volatilità.

[2] “Il deficit di bilancio ha superato $ 1 trilione nel 2019”. 13 gennaio 2020 –  New York Times.

[3] Nel 1958 l’economista inglese A.W. Phillips pubblicò uno studio sull’andamento dei redditi nell’UK tra il 1861 e il 1957. I risultati dello studio misero in evidenza l’esistenza di una relazione negativa tra il tasso di variazione dei salari nominali e il tasso di disoccupazione: i salari aumentavano tanto più̀ rapidamente quanto minore era il tasso di disoccupazione. La spiegazione di Phillips:

– per bassi livelli di disoccupazione si ha un eccesso di domanda di lavoro: le imprese entrano in concorrenza ed offrono salari più̀ elevati

– per alti livelli di disoccupazione si ha un eccesso di offerta di lavoro: la concorrenza tra lavoratori tiene basso il salario.

[4] https://www.treccani.it/magazine/agenda/articoli/economia-e-innovazione/Protezionismo_e_Commercio_Internazionale_Trump.html#_ftn1

[5] «Would be sooo great if the Fed would further lower interest rates and quantitative ease. The Dollar is very strong against other currencies and there is almost no inflation. This is the time to do it. Exports would zoom!» Donald J. Trump (@realDonaldTrump) December 17, 2019

[6] Fonte:https://www.census.gov/library/publications/2020/demo/p60-70.html#:~:text=The%20official%20poverty%20rate%20in,consecutive%20annual%20decline%20in%20poverty.&text=In%202019%2C%20there%20were%2034.0,and%20Table%20B%2D1).

[7] https://www.marketwatch.com/story/trade-war-collateral-damage-destruction-of-17-trillion-in-us-companies-market-value-2020-05-30

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