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Opinioni

Disuguaglianze Globali e Covid-19

Quadro storico-sociale 

Analizzando il concetto generale di disuguaglianza, possiamo osservare come questa riguardi le distanze che separano gli individui o i relativi gruppi che costituiscono una società. Tali distanze possono concernere vari aspetti quali diritti, opportunità, capacità, reddito, benessere; si parla infatti della c.d. multidirezionalità della disuguaglianza[1]. Analizzare la disuguaglianza significa interrogarsi quindi su quali aspetti della vita siano disuguali. Il filosofo Rawls descrive l’uguaglianza come un paniere di beni primari di cui tutti dovrebbero disporre; Dworkin come uguaglianza di risorse; più in generale va individuata come uguale considerazione delle preferenze o delle utilità degli individui tutti.
Negli ultimi trent’anni nelle nostre società le condizioni economiche delle persone sono diventate maggiormente diseguali: i ricchi sono diventatati molto più ricchi, la classe media si è assottigliata fino quasi a scomparire, i poveri sono sprofondati ancor di più nella povertà.
Nelle economie avanzate la disuguaglianza economica, misurata sia in termini reddito che di ricchezza, è drammaticamente aumentata, e le disparità di reddito sono tornate addirittura ai livelli di un secolo fa. La disuguaglianza rimane estremamente alta anche a livello globale, nonostante la rapida crescita dei principali paesi in via di sviluppo, come la Cina e l’India, dove le diseguaglianze interne stanno esplodendo [2].

Il coefficiente di Gini

Mappa mondiale del coefficiente di Gini che misura la diseguaglianza nella distribuzione del reddito. I paesi a coefficiente di Gini più basso (colore chiaro) sono i paesi dove il reddito è distribuito più equamente. Al contrario, quelli a coefficiente di Gini più elevato sono quelli dove la diseguaglianza nella distribuzione del reddito è maggiore.

Guardando indietro di oltre duecento anni, la disuguaglianza globale – intesa come la relativa disuguaglianza dei redditi fra tutti i popoli del mondo, prescindendo dalla nazione in cui risiedono – era in aumento dal 1820 al 1990. Questo lungo periodo di crescente disuguaglianza è stato guidato, nel complesso, dai processi di crescita divergenti, con il mondo ricco che decolla dagli inizi del diciannovesimo secolo, seppur con alcuni effetti tardivi, come in Giappone. La disuguaglianza media all’interno dei paesi era stagnante o addirittura in calo per gran parte di questo periodo, in particolare nella prima metà del XX secolo, noto come il livellamento del mondo ricco. Tale modello è cambiato drasticamente verso la fine del secolo, con una tendenza generale di diminuzione della disuguaglianza tra paesi, che va di pari passo con la crescente disuguaglianza media all’interno dei paesi.

La Globalizzazione

Con questo panorama sullo sfondo, la “globalizzazione” attiene prevalentemente ad una maggiore integrazione economica tra paesi, ovvero una forte apertura al commercio estero e una crescente mobilità del capitale finanziario. Il contemporaneo periodo di globalizzazione è visto come il motore della disuguaglianza tra paesi e l’aumento della disuguaglianza all’interno dei paesi. Due effetti tra loro opposti e collegati. Fino ad oggi (prima della pandemia di COVID-19) ha prevalso l’effetto diseguale, in discesa, come detto, tra i paesi della globalizzazione. Nel sostenere che l’integrazione economica globale è stata la prima forza nello sviluppo della disuguaglianza between e within countries, oggi Bourguinon e Milanovic (tra i principali economisti attivi nel dibattito) concordano con molto opinioni popolari, sebbene ci siano opinioni contrastanti sull’impatto benevolo o negativo della globalizzazione in relazione alla disuguaglianza.[3][4]

Il legame della disuguaglianza con la globalizzazione risulta ovvio, sulla base della forte argomentazione, seppur popolare, secondo cui l’integrazione economica globale ha spostato i posti di lavoro relativamente poco qualificati del mondo ricco, aumentando il suo contributo alla componente di disuguaglianza globale within country, verso paesi con manodopera a basso costo, spingendo verso il calo la componente between countries della disuguaglianza globale. [5]

Si può riconoscere che la mobilità del capitale limita la capacità di un singolo paese di tassare il capitale, e questo include il capitale umano. E in una certa misura, il cambiamento tecnico è indotto dalla competizione globale attraverso il commercio. Ma sembra esserci ancora ampio spazio per le tecnologie da diffondere senza una più profonda integrazione economica. E c’è anche ampio spazio nei paesi per aiutare i loro poveri e la classe media attraverso politiche educative e una protezione sociale ampia. Il passaggio da tali politiche interne, di pari passo con la globalizzazione, in alcuni paesi, potrebbe essere più probabile a causa di fattori politici causali comuni con una certa covarianza nazionale nel mondo ricco. Ravallion[6] definisce tale aspetto come un tratto della globalizzazione, ma le idee politiche di certo possono oltrepassare muri e confini senza alcuna integrazione economica. Se siamo d’accordo con l’idea che la globalizzazione sia la principale forza trainante della disuguaglianza globale, allora possiamo attenderci che un rallentamento del commercio globale (come accaduto finora con l’amministrazione Trump, e come appare dirigersi il trend del neo presidente Biden) e persino un arretramento, rallenterà il processo di diminuzione della disuguaglianza tra paesi, persino invertendo tale trend, e rallenterà l’aumento della disuguaglianza in gran parte del mondo ricco. Tuttavia ci sono ragioni per dubitare di quanto l’evoluzione della disuguaglianza globale sia stata effettivamente guidata dalla globalizzazione. Alcune delle altre forze economiche e politiche in gioco potrebbero assicurare la prosecuzione della convergenza globale e porre continue pressioni al rialzo sull’ineguaglianza in molti paesi. [7]

Come si inserisce in tale relazione la pandemia di Covid-19

Come accaduto già in passato – Rivoluzione industriale – l’espansione mondiale della pandemia di COVID-19 ha fornito una forte spinta al passaggio da un’epoca globale ad una nuova epoca globale. Nonostante il virus non abbia provocato cambiamenti al pari di quelli della Rivoluzione Industriale, è interessante osservarne la relazione con il suddetto fenomeno globalizzante e la conseguente spinta verso le disuguaglianze.

Una immediata valutazione logica ci permette di comprendere come la globalizzazione, nella specie intesa come fenomeno che, tra le altre cose, favorisce la circolazione di merci e capitale umano, così come la rapidità ed accessibilità dei trasporti transnazionali (e non solo), abbia una stretta correlazione con l’avanzare rapido ed incessante della pandemia di Covid-19.

Il corso della storia ci ha insegnato che i momenti di grande mutamento, nascondano dinamiche di competizione geopolitica e tecnologica, di instabilità del sistema globale e di persistente conflittualità fra stati. Il COVID- 19 ha senz’altro mostrato il duplice volto della globalizzazione. Se da un lato, essa ha comportato inequivocabili vantaggi, come suddetti; di contro, la pandemia ne ha smascherato il vero punto debole, ossia che l’intero sistema economico si sia paralizzato di fronte ad un fenomeno di altrettanta portata globale.

Come detto, si è parlato di de-globalizzazione di fronte alle politiche protezioniste inaugurate dagli U.S.A di Trump. Cosicché anche il COVID-19 può rientrare tra i motivi che hanno posto fine a tale fase, ma non alla globalizzazione in sé. Quel che emerge, di certo, è che l’egemonia U.S.A. si è definitivamente conclusa; tuttavia, ad oggi non si intravede un’alternativa valida. [8] Piuttosto, a guidare le future fasi della  globalizzazione saranno, di certo, la tecnologia e gli stati in grado di dominarla e renderla fruibile a sempre più soggetti dell’ambiente internazionale. Qui giocano senz’altro un ruolo di primario i Paesi asiatici, tra cui la Cina, ed in secondo piano la Russia, che con gli enormi investimenti in materia di vaccino ha dimostrato, ancora, la sua forza.

Secondo Pascal Lamy – già Direttore Generale dell’Organizzazione Mondiale del Commercio dal 2005 al 2013[9] – la futura globalizzazione, molto probabilmente, sarà soft e slow.[10]  Le recenti stime del Fondo Monetario Internazionale, prospettano pesanti cadute in ottica di crescita relativamente alle economie nazionali con una perdita attestata attorno al 5 % per l’economia globale nel 2020. Quindi, la prospettata futura fase di globalizzazione vedrà una minore crescita globale rispetto ad altri periodi storici, che risentirà anche dei cambiamenti nella produzione globale.[11]

Dati contenuti nel World Economic Outlook del Fondo Monetario Internazionale (FMI) di Giugno 2020. Sono proiezioni sulla crescita sia relativa all’economia globale sia relativa all’economia con mercati in via di sviluppo, emergenti e avanzati.

La prossima fase di globalizzazione vedrà invece, una riduzione delle disuguaglianze c.d. within country, ma un aumento delle disuguaglianze between countries. A tal proposito, le opinioni sono diverse e contrastanti, dal momento che la crisi economica causata dal virus provocherà un aumento della disoccupazione e una riduzione dei redditi reali nelle economie nazionali, quindi un accrescimento delle disuguaglianze sociali within country.[12] Per quanto concerne le disuguaglianze between countries, un primo elemento da considerare come conseguenza del COVID-19 è la povertà. Secondo Banca Mondiale che ha pubblicato il report June 2020 Global Economic Prospects stima che il tasso globale di povertà aumenterà dall’8,23% del 2019 all’8,82% – 9,18%, eliminando i progressi fatti nel 2017. Anche se nel 2021 Banca Mondiale prevede un lieve calo del tasso globale di povertà, gli effetti di questo aumento potranno proiettarsi sul lungo periodo.[13]

Il COVID-19 – così come la Grande Crisi del 2008 – ha di fatto smascherato di fronte all’intera umanità,  le dinamiche alla base del sistema economico, e che lo sottopongono ad una condizione di forte vulnerabilità. Da un lato, come detto, esso ha tra i suoi vantaggi tecnologia, intelligenza artificiale, istituzioni internazionali e sovranazionali e muove costantemente beni, capitali, persone da una parte all’altra del mondo, esso ha in sé il germe della sua caduta, ossia la sua estrema vulnerabilità che lo ha visto vittima del virus stesso. Confinato fisicamente dalla pandemia all’interno dei confini, regionali, o al massimo nazionali, il mondo oggi è forse più consapevole di ieri, tuttavia, questa consapevolezza fatica a tradursi in tempestività di azione e in volontà di cambiare le regole del gioco. Riprova è la frammentazione quantomeno policentrica della situazione inerente alla geopolitica dei vaccini, che mostra ancora una volta la precarietà di tale sistema e la debole spinta verso una vera integrazione globale[14].

In conclusione la globalizzazione sta arginando i postumi della sbornia neo-protezionista americana e non solo, concedendo grandi punti di vantaggio alle politiche nazionali o di poli di stati, soprattutto della Cina. Di certo il sistema, così come spiegato, si è dimostrato incapace di fronteggiare le sfide globali e ci si chiede se esso potrà sopravvivere ad un prossimo evento di portata pandemica, tenendo conto delle sfide che impone la grave situazione del cambiamento climatico. Nella consapevolezza di tale debolezza, si dovrà affrontare il futuro in un’ottica di reale interdipendenza tra poli di potenze, senza però prescindere da una ridefinizione dei confini e delle regole circa i rapporti tra gli stessi, per evitare il collasso cui è andato incontro l’attuale sistema.

La prospettiva entro la quale gli stati dovranno operare nell’ottica di un recupero della vera cooperazione solidale tra stati e istituzioni internazionali e sovrannazionali, sarà l’unica possibile per fronteggiare al meglio le prossime sfide dell’umanità, cercando di avvicinare due elementi che, fino ad ora, si sono dimostrati polari: la globalizzazione e l’uguaglianza.

F. Penta per B.Cy.

[1]

Il concetto di multidirezionalità della disuguaglianza è stato introdotto per primo dall’economista Amartya Sen attraverso la sua teoria dell’uguaglianza e della libertà (1985). Per Sen il concetto di disuguaglianza non consiste solo nella differenza di reddito, ma in particolare modo nella disuguaglianza di opportunità, di libertà individuale, di possibilità di scelta. Sen propone uno studio dell’uguaglianza, della qualità della vita e della povertà, tramite l’analisi delle possibili situazioni o esperienze a cui il soggetto attribuisce un valore positivo, e non quindi dai classici indicatori di disponibilità (reddito, patrimonio, spesa per i consumi).

[2]M. Franzini, M. Pianta, Disuguaglianze: quante sono, come combatterle. Laterza, Bari (2016).

[3] B. Milanovic, Global Inequality. A New Approach for the Age of Globalization, The Belknap Press of Harvard University Press, 2016.

[4] F. Bourguinon, The Globalization of Inequality, Princeton and Oxford: Princeton University Press, 2016.

[5]

La deregolamentazione dei movimenti di capitali ha dato impulso agli investimenti esteri diretti che, dopo un leggero calo agli inizi degli anni Novanta, dovuto ala contrazione dell’economia mondiale e alla recessione verificatasi negli Stati Uniti, hanno ricominciato a crescere.

[6] Globalizzazione, povertà e disuguaglianza: l’ambiguità dei numeri, M. Ravaillon, 2004.

[7] La globalizzazione e i suoi oppositori. Antiglobalizzazione nell’era di Trump, J. Stiglitz; Einaudi, 2018.

[8] Sachs, J., D., New unity needed amid challenges of new global age, China Daily, giugno 2020.

[9] «Il protezionismo non funziona». Incontro al Forum dell’OCSE, P. Lamy.

[10] https://www.barrons.com/articles/pascal-lamy-says-the-globalization-of-fear-is-not-the-fear-of-globalization-51589967097

[11] Le stime sono più favorevoli per la proiezione dell’anno 2021, con un aumento del PIL su base globale del 5,4%. In merito alla crescita delle economie avanzate, queste soffriranno una stimata perdita di circa l’8% nel 2020, con una crescita del 4,5% nel 2021, mentre i PVS subiranno una perdita del -3% per poi crescere a un ritmo notevole nel 2021 (+5.9%). Stime del FONDO MONETARIO INTERNAZIONALE (giugno 2020).

[12]

La soluzione a tale dibattito dipenderà dal riscontro che otterranno le politiche attuate dai governi nazionali per affrontare gli effetti della pandemia sulle economie nazionali, contrastando l’aumento della disoccupazione, precariato e povertà. https://www.parlamento.it/application/xmanager/projects/parlamento/file/repository/affariinternazionali/osservatorio/approfondimenti/PI0172.pdf

[13] WORLD BANK, June 2020 – Global Economic Prospects report, Washington, 2020.

[14] https://www.agi.it/estero/news/2021-01-21/geopolitica-virus-mappa-vaccini-11100653/

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