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Donne, lavoro e Covid-19

Dall’inizio di settembre a questa parte, si è iniziato a riflettere sull’impatto della crisi sanitaria dovuta al Covid-19, e sulla sua policy di gestione in un’ottica di genere. È ormai chiaro come la pandemia globale che stiamo attraversando non sia solamente una crisi sanitaria, ma stia conducendo verso un grande recesso economico. Infatti, è previsto che la crescita economica mondiale si contragga del 3 % nel corso del 2021 (IMF 2020) e per la prima volta dopo il 1998 il livello di povertà globale salirà, portando tra i 40 e i 60 milioni di persone sotto la soglia della povertà assoluta (World Bank 2020).
In un report pubblicato ad aprile 2020, il fondo delle Nazione Unite per la popolazione (UNFPA) sottolinea come la pandemia Covid-19 abbia colpito le donne e gli uomini in modo diverso, e come abbia anche peggiorato le disuguaglianze di genere già esistenti.
Gli elementi che concorrono a causare questo diverso impatto sono molteplici, in primis è importante notare come le politiche intraprese da molti governi europei, siano andati ad intaccare degli equilibri tra lavoro formale e informale, quasi in toto gestiti da lavoratrici femminili. Come emerge da un’indagine dell’Eurostat (fig.1.) la percentuale di donne nella forza lavoro che si occupa a tempo pieno della cura di una persona all’interno della famiglia è molto più alta di quella maschile.

Figura 1. Dati su popolazione nella forza lavoro che si prende cura in modo continuativo di una persona all’interno della casa. Fonte: Eurostat Database.

Allo stesso tempo, le lavoratrici femminili corrispondono ad una settore del mercato del lavoro abbastanza specifico.  Le donne, infatti, sono altamente rappresentate nel settore sociale, tra cui ospitalità, ristorazione e turismo, tra i maggiori colpiti dalle misure di distanziamento sociale (Hopkau and Petrongolo 2020). Per esempio, negli USA, la forza lavoro femminile impiegata nel settore sociale corrisponde al 74%, in rapporto ad un 48% della forza lavoro maschile. Come visibile dalla tabella seguente elaborata da OECD nel 2020, le donne rappresentano in assoluto la forza lavoro maggiore nel settore della cura.

Figura 2. Distribuzione per sesso dei carichi di long-term care, 2016 o anno più recente. Fonte: OECD.

L’analisi della situazione corrente portata avanti da Alon et Al. 2020, indaga ulteriormente sul particolare impatto della crisi pandemica sul mondo del lavoro.
Storicamente le più grandi recessioni economiche, inclusa quella del 2008-2009, hanno avuto un fortissimo impatto sul lavoro maschile. L’analisi di come il tasso di occupazione vari durante il ciclo economico, per uomini e per donne (Doepke and Tertilt 2016) è alla base del lavoro di Alon et Al. A motivazione di questa differenza sostanziale, gli autori individuano due cause.
In primo luogo, l’occupazione femminile, varia meno perché le lavoratrici sposate tendono ad aumentare l’offerta di lavoro per compensare la disoccupazione o il rischio di tale, dei propri mariti. Questo fenomeno analizzato da Ellieroth nel 2019 prende il nome di assicurazione familiare.
La seconda spiegazione risiede nella composizione dei settori di impiego maschile e femminile. Come già accennato in precedenza, i settori di lavoro sono fortemente caratterizzati a livello di genere. In crisi economiche tipiche, settori come il manifatturiero e le costruzioni, sono molto più colpite rispetto all’educazione o alla cura. L’impiego maschile è più concentrato in settori con una grande esposizione a cambiamenti durante il ciclo del lavoro. Al contrario le lavoratrici sono altamente rappresentate in settori che tendono a mantenere stabilità durante tutto il ciclo. (Coskun and Dalgic 2020).
Un ulteriore livello di analisi riguarda il cambiamento forzato di strutture all’interno dell’economia della cura. È molto importante sottolineare questo fattore in particolare in un paese come l’Italia, che si regge su equilibri di cura informale e non pagata, molto più che altri paesi europei.
Su larga scala, abbiamo assistito alle chiusure di scuole e centri di cura giornalieri, implicando il restare a casa di bambini e ragazzi. Questi ultimi, sono lasciati alla cura genitoriale esclusiva, penalizzando genitori soli e madri. A riprova di ciò, si può notare come secondo l’ultimo report ISTAT sul lavoro, nel mese di dicembre 2020 sono risultati dei dati significativi. Infatti, è stato rilevato un numero di disoccupati pari a 101 mila, di cui 99 mila sono donne. Il tasso di occupazione femminile ha avuto le flessioni maggiori.
Partendo da un lavoro di analisi del Mckinsey Global Institute, questo lavoro vuole concludere analizzando le conseguenze di un eventuale mancato intervento di public policy. Il punto dell’analisi è che se non ci saranno degli interventi sostanziali a livello di policy making per gestire l’impatto sproporzionato che il Covid-19 sta avendo sul mercato del lavoro femminile, c’è il rischio che il processo di livellamento di gap salariale possa regredire.

Figura 3. Analisi di un ipotetico intervento o non intervento volto a colmare il Covid gender gap. Fonte: Mckinsey Global Institute.

Il mancato intervento su tale settore non avrebbe solamente impatto sull’uguaglianza di genere ma sulla crescita economica mondiale. Secondo l’analisi del Mckinsey institute, basata sul lavoro Power of Parity in azione dal 2015, agire oggi potrebbe portare a grandi traguardi economici per moltissime donne, contribuendo alla crescita globale.

Da un’intervista rilasciata nel febbraio scorso, la direttrice ISTAT Linda Laura Sabbadino specifica come questa crisi sia sostanzialmente una crisi della cura, e di come questa abbia reso palese la sottovalutazione strutturale dei temi della cura, portando a infrastrutture sanitarie e sociali inadeguate. (Sabbadino, 23 febbraio 2021, io donna). La direttrice dell’ISTAT mostra entrambi i lati della situazione di impiego femminile in Italia. Da un lato, le lavoratrici formalizzate compongono i ⅔ del settore sanitario, e allo stesso tempo il lavoro informale casalingo delle donne già forniva un cuscinetto di salvataggio per genitori anziani, stimato essere per il 67 % a carico delle donne e per il restante sullo stato (ISTAT). D’altra parte, come abbiamo visto, le donne sono state le più colpite durante la pandemia, essendo impiegate in settori con meno garanzie e protezione.
Il momento che stiamo vivendo deve portare ad un ripensamento del sistema di welfare in generale, e ad un’analisi profonda del ruolo delle donne nell’economia informale.

C. Picchi per B.Cy.

 

Bibliografia

 Alon, T, M Doepke, J Olmstead-Rumsey and M Tertilt (2020), “The Impact of COVID-19 on Gender Equality”, Covid Economics: Vetted and Real-Time Papers 4, London: CEPR Press.

Inno, L., Rotundi, A. & Piccialli, A. COVID-19 lockdown effects on gender inequality. Nat Astron 4, 1114 (2020). https://doi.org/10.1038/s41550-020-01258-z.

Mckinsey Global Insitute, “COVID-19 and gender equality: Countering the regressive effects”,15 July 2020.

Sabbadino Linda Laura, «Se non cresce l’occupazione femminile il Paese resta fermo», Corriere della Sera, 23 febbraio 2021.

Linda Laura Sabbadini, occupazione femminile necessaria per la ripresa – iO Donna

 

Fonti Statistiche 

https://eige.europa.eu/topics/health/covid-19-and-gender-equality

World Economic Forum (2020), Global Gender Gap Report 2020.

UNFP Women (2020), Impact of the COVID-19 Pandemic on Family Planning and Ending Gender-based Violence, Female Genital Mutilation and Child Marriage.

International Labour Office (2019), Women and men in the informal economy: a statistical picture (third edition), Geneva: ILO.

Report ISTAT, Occupati e disoccupati, 1 Febbraio 2021. Occupati e disoccupati-Dicembre 2020 (istat.it)

 

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