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La Carbon Tax e L’Unione Europea

Il 28 Ottobre 2020 si è conclusa la consultazione pubblica promossa dalla Commissione Europea riguardante l’implementazione di un meccanismo di adeguamento del carbonio alla frontiera. La proposta rientra nella strategia climatica dell’Unione, il Green New Deal, che si propone di rendere l’economia europea più sostenibile e raggiungere la neutralità climatica entro il 2050. Tale traguardo può essere raggiunto unicamente aumentando in modo significativo il prezzo del carbonio per correggere l’esternalità negativa costituita dall’inquinamento atmosferico. Un’esternalità negativa è un impatto non voluto dell’attività economica, non incluso nei costi dell’attività, che danneggia un bene comune e il benessere sociale. Per correggere l’esternalità, è dunque necessaria un’internalizzazione della stessa e un allineamento dei costi privati a quelli sociali. Questo si puó fare fissando una tassa che sia esattamente uguale alla differenza tra il costo sociale e il costo privato e che vada a gravare sull’attività di produzione, ovvero una tassa pigouviana (nel caso dell’inquinamento, una tassa sul carbonio o carbon tax) o fissando un tetto massimo alle emissioni (quindi non determinando direttamente un prezzo ma una quantità che sia equivalente a quel prezzo) e lasciare che i permessi siano acquistati dalle imprese (cap-and-trade system).

Figura 1. Funzionamento di una tassa pigouviana a correzione di una esternalità negativa. SOURCE: Nerudová and Dobranschi (2016)

L’Unione Europea ha già adottato nel 2005 un sistema per il controllo delle emissioni di gas serra: il Sistema per lo scambio delle quote di emissione (Emissions Trading Scheme o ETS). Il sistema fissa un tetto massimo e di anno in anno, progressivamente decrescente alle quote di emissioni. Ogni quota permette di emettere una tonnellata di CO2. I permessi vengono acquistati e scambiati dalle imprese, che alla fine di ogni anno devono restituire una quantità di permessi sufficiente a coprire le proprie emissioni. Se i permessi sono insufficienti, le imprese sono soggette a sanzioni; se le imprese hanno acquistato più permessi di quanto poi effettivamente emesso, questi possono essere conservati o venduti alle imprese che ne hanno bisogno. Questo cap-and-trade system copre il settore energetico e diversi settori ad alta intensità energetica (produzione di ferro, metalli, alluminio, cemento) e il suo scopo si è progressivamente esteso. Il meccanismo introdotto funziona (uno studio ha mostrato una riduzione del 3,8% delle emissioni dell’Unione associata al meccanismo nel solo periodo 2008-2016) ma crea diversi inconvenienti. Le imprese europee, in effetti, devono competere con altre che non devono rispettare gli stessi standard e possono permettersi, dunque, un prezzo minore per le loro merci. Ci sono alcune quote assegnate a titolo gratuito, ma questo tamponamento ha dei limiti: 1) i produttori di energia non le ricevono 2) nel periodo 2013-2020, il settore manifatturiero ha ricevuto l’80% di quote a titolo gratuito: questo vuol dire, tuttavia, che il 20% della produzione continua a competere, penalizzata e sovrapprezzata, con quella estera 3) le quote allocate gratuitamente saranno gradualmente ridotte. Questo danneggia la competitività delle imprese europee sottoposte al “Sistema”, che potrebbero decidere di trasferire la loro produzione in Paesi in cui non è richiesto il rispetto di standard così rigorosi, dando così vita al cosiddetto fenomeno di carbon leakage.

Per evitare una migrazione delle imprese e per stimolare un innalzamento generalizzato degli standard ambientali, la Commissione ha proposto di istituire un meccanismo di adeguamento del carbonio alla frontiera che potrà assumere diverse forme (come possibile evincere dall’Inception Impact Assessment): 1) tassa sul carbonio 2) dazio doganale 3) estensione dell’ETS alle importazioni 4) richiesta di certificazioni specifiche. Una simile decisione, tuttavia, non può essere priva di effetti a livello internazionale.

Innanzitutto, è da valutarsi la compatibilità del sistema con i principi dell’Organizzazione Mondiale per il Commercio (OMC) e dell’Accordo generale sulle tariffe doganali e sul commercio (General Agreement on Trade and Tariffs o GATT).

Partiamo dalla possibile violazione che sembra la più semplice da sciogliere: quella del ‘Trattamento nazionale’ (ex articolo 3 del GATT). Si dispone, infatti, che le parti non adottino misure che possano favorire la produzione nazionale e che le merci importate ricevano lo stesso trattamento di quelle prodotte nel paese di destinazione. Un dazio doganale, dunque, non violerebbe tale principio, anche se l’Unione Europea continuasse con la distribuzione gratuita dei permessi. In ogni caso, ogni controversia che potesse sorgere anche in merito all’adozione delle altre modalità di adeguamento, potrebbe essere evitata abolendo il sistema di allocazione gratuita e prevedendo che le imprese europee ed estere siano sottoposte agli stessi costi e agli stessi standard.

Un altro principio che il sistema potrebbe violare è quello del ‘Trattamento generale della nazione più favorita’ (ex articolo 1 del GATT) che prevede che non possa essere concesso un trattamento meno favorevole ad uno Stato rispetto a quello concesso ad ogni altro Stato. Questo determinerebbe la necessità che qualsiasi meccanismo di adeguamento fosse esteso a tutti gli Stati, senza tuttavia tener conto della differenziazione di impegni per contrastare il cambiamento climatico tra paesi sviluppati e Paesi in via di sviluppo stabilita dall’Accordo di Parigi con la divisione tra parti Annex I e parti Non-Annex I. Inoltre, lo stesso Accordo richiede ai Paesi sviluppati di tener conto degli effetti che le loro misure ambientali possono avere sulle economie dei paesi emergenti (ex articolo 4 (15) dell’Accordo di Parigi). Nondimeno, estendere il sistema solo alle parti Annex I consisterebbe in una violazione piena del principio di non discriminazione e determinerebbe l’esclusione dall’adeguamento dello Stato che attualmente inquina maggiormente e maggior partner commerciale europeo, ovvero la Cina.

Infine, l’adozione di dazi, misure equivalenti e standard a cui adeguarsi risulterebbe contraria al più generale principio di graduale liberalizzazione dei commerci a cui gli Stati parti dell’OMC si impegnano (ex articolo 8 del GATT). La misura potrebbe essere considerata tra le eccezioni previste dall’articolo 20, per cui nessuna norma dell’Accordo vieta alle parti di adottare misure “necessarie alla protezione della sanità e della vita delle persone e degli ani­mali e alla conservazione dei vegetali” (articolo 20 lettera b). Tuttavia, tale preoccupazione dovrà essere dimostrata, specialmente riguardo l’utilizzo delle rendite ottenute in caso la misura fosse implementata attraverso dei dazi: non potranno, infatti, semplicemente andare ad arricchire le casse di Bruxelles (facendo nascere il fondato sospetto che le nuove regole siano state introdotte a tale scopo), ma dovranno essere specificamente utilizzate per sostenere la causa ambientale prevedendo, ad esempio, la costruzione di un fondo specifico o il trasferimento dell’introito ai paesi in via di sviluppo per l’attuazione di misure di adeguamento e mitigazione al cambiamento climatico.

Implementare un meccanismo che possa essere compatibile con il sistema dell’OMC è di fondamentale importanza, considerando che le parti che si dovessero ritenere pregiudicate dalle nuove regole potrebbero richiedere ed ottenere dall’Organizzazione l’autorizzazione ad adottare delle misure ritorsive nei confronti dell’Unione Europea, danneggiandone le esportazioni.

L’adeguamento del prezzo del carbonio alla frontiera potrebbe inoltre nuocere alle relazioni commerciali dell’Unione e causare una deviazione del traffico commerciale.

Figura 2. La figura mostra i 10 maggiori partner commerciali dell’Unione Europea nel 2020. La bilancia commerciale è negativa nei confronti di Cina e Russia (l’UE importa più di quanto esporti nei due paesi). Sebbene la bilancia risulti positiva, il volume di importazioni dagli Stati Uniti non potrà essere ignorato nella valutazione che verrà effettuata nel decidere il se e il come dell’introduzione di un meccanismo di adeguamento. SOURCE: Eurostat.

La relazione commerciale con gli Stati Uniti potrebbe essere tutelata dalla volontà dell’amministrazione Biden di introdurre una tassa sul carbonio ai cancelli del mercato statunitense. Non è un caso, probabilmente, che il progetto europeo abbia subito una spinta propulsiva in concomitanza di un governo democratico (il 5 febbraio il Parlamento ha appoggiato l’introduzione della tassa da istituirsi non più tardi del 2023). Tale convergenza di intenti potrebbe rinvigorire una saldatura transatlantica in funzione anti-cinese (visti i recenti sviluppi e il superamento da parte della Cina degli Stati Uniti come partner commerciale europeo, tuttavia, prospettiva più interessante per gli Stati Uniti che per l’Unione Europea). La Cina e la Russia, paesi da cui l’Unione Europea importa maggiormente e tra i paesi con le più alte emissioni, sarebbero particolarmente esposte all’introduzione del meccanismo perché esportano verso l’UE prodotti del settore energetico e di settori ad alta intensità energetica che sarebbero sicuramente e primariamente colpiti dall’adeguamento. Il rischio è che molti paesi possano vedersi preclusa la possibilità di commerciare con l’Unione e possano decidere di indirizzare le loro merci verso altri mercati meno rigorosi, sostituendo in molti casi prodotti domestici a più bassa intensità di carbonio. Le industrie europee, a loro volta, dovrebbero aumentare la produzione per incontrare la domanda non più soddisfatta dalle importazioni.

Infine, le misure di adeguamento potrebbero danneggiare le industrie di trasformazione che utilizzano materie prime che l’Europa deve largamente importare.

Figura 3. La figura mostra come l’Europa sia una netta importatrice di materie prime. SOURCE: Eurostat.

In definitiva, il successo o meno del meccanismo di adeguamento che l’Unione Europea si appresta ad introdurre dipenderà in gran parte da come questo verrà percepito dalla comunità internazionale. Se questo dovesse essere visto come genuina manifestazione dell’interesse dell’Unione Europea nei confronti dei cambiamenti climatici, potrà essere l’occasione per gli altri paesi di accodarsi e dare effettiva attuazione all’Accordo di Parigi, confermando, tra l’altro, il ruolo dell’Unione quale leader dell’azione per il clima. Se il meccanismo dovesse essere percepito unicamente come misura volta alla protezione delle industrie europee, questo potrebbe dar vita ad una spirale di misure ritorsive e ad una vera e propria guerra commerciale. Provvidenziale sarà anche la possibile e probabile adozione di un simile sistema da parte degli Stati Uniti che potrebbero in caso contrario rappresentare il contenitore e destinazione delle merci non più facilmente allocabili nel mercato europeo.

Francesca Cucculelli per BCy

Bibliografia

Bayer, P., & Aklin, M. (2020). The European Union emissions trading system reduced CO2 emissions despite low prices. Proceedings of the National Academy of Sciences117(16), 8804-8812.

Lawder, D. (2021). Biden administration to consider carbon border tax as part of trade agenda: USTR. Reuters.

Leali, G. (2021). China topples US as EU’s top trade partner over 2020. Politico.

Nerudová, D., & Dobranschi, M. (2016). Pigouvian Carbon Tax Rate: Can It Help the European Union Achieve Sustainability?. In Competitiveness, Social Inclusion and Sustainability in a Diverse European Union (pp. 145-159). Springer, Cham.

Taylor, K. (2021). Carbon border tax’: i legislatori Ue premono per l’introduzione entro il 2023. Euractiv.

Sitografia

Comunicazione sulla consultazione pubblica della Commissione Europea sul meccanismo di adeguamento del carbonio alla frontiera: https://ec.europa.eu/taxation_customs/news/commission-launches-public-consultations-energy-taxation-and-carbon-border-adjustment-mechanism_en

Consultazione pubblica e Inception Impact Assessment: https://ec.europa.eu/info/law/better-regulation/have-your-say/initiatives/12228-Carbon-Border-Adjustment-Mechanism

Comunicazione della Commissione Europea sul Green New Deal europeo: https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/HTML/?uri=CELEX:52019DC0640&from=EN

Sistema per lo scambio delle quote di emissione dell’UE: https://ec.europa.eu/clima/policies/ets_it

Sistema di allocazione gratuita delle quote: https://ec.europa.eu/clima/policies/ets/allowances_it

Paesi Annex I e non-Annex I dell’Accordo di Parigi: https://unfccc.int/process/parties-non-party-stakeholders/parties-convention-and-observer-states

Dispute Settlement System dell’Organizzazione Mondiale per il Commercio: https://www.wto.org/english/tratop_e/dispu_e/disp_settlement_cbt_e/c6s10p1_e.htm

GATT: https://www.wto.org/english/docs_e/legal_e/gatt47_e.pdf

 

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